“Smontare” un best seller, “Cambiare l’acqua ai fiori”, per capirne il successo

Perché un romanzo ha successo? Per ciò che racconta? Per il mix di ingredienti che impiega? Non c’è una formula precisa, ogni volta le ragioni sono le più diverse, legate forse al contesto storico, ai gusti mutevoli dei lettori, alla storia che corrisponde a un bisogno profondo. “Parole in libera uscita” ci prova, ad analizzare un best seller, “Cambiare l’acqua ai fiori”, romanzo vicino alle 100 mila copie, divenuto un fenomeno dalle dimensioni internazionali. Ci prova tentando di smontarne il congegno narrativo e tentando quindi di spiegare, se non le ragioni che ne fanno un best seller, com’è composto il romanzo, quali ingredienti mescola e il messaggio che veicola.

Partiamo dai personaggi, riconducibili a pochi, ma ben riconoscibili.

La protagonista e voce narrante è la guardiana di un cimitero in Bretagna, Violette Toussaint, in francese “tutti i santi”, che è il giorno dedicato a nostri defunti. In realtà il nome sarebbe Trenet, attribuitole in orfanotrofio, forse, come suggerisce Violette, da un’infermiera che amava il cantautore Charles Trenet.

Philippe Toussaint, il marito di Violette che l’ha abbandonata anni or sono, è il vero co-protagonista. Che svolge un ruolo importante: di antagonista all’inizio, ma poi di aiutante, si potrebbe dire, del personaggio principale.

Léonine, la figlia di sette anni della cui drammatica morte si apprende a metà romanzo.

Julien Seul, il commissario di Marsiglia, che arriva al cimitero di Violette con le ceneri della madre e a partire dal suo ingresso l’ingranaggio narrativo si mette in moto.

Irène e Gabriel, rispettivamente madre del commissario e amante di Irène. Sono i protagonisti di un’altra stoia, che scorre in parallelo e procede “di rimbalzo”, di riflesso alla storia Violette-Julien.

E poi, altri ancora, come Sasha, il precedente guardiano del cimitero che insegnerà a Violette a prendersi cura di sé, quindi i genitori di Philippe, mamma e papà Toussant, come vengono chiamati.

Ciascuno di questi personaggi anima le diverse storie, anzi, i diversi generi letterari – giallo, sentimentale, drammatico e di formazione - che si intrecciano nel romanzo, alternando la temporalità tra balzi nel passato e ritorni al presente.

Il linguaggio è semplice, fluisce senza inceppi, prediligendo lo stile paratattico, piano si direbbe, ma efficace, privo di concettualismi, tanto che la lettura non è mai faticosa.

La prima storia appartiene al genere sentimentale e inizia subito con la descrizione della protagonista, Violette, di cui si intuisce la personalità complessa, misteriosa e intrigante – ad esempio, quel suo indossare nel cimitero un cappotto nero da cui spunta un abito rosso…

L’arrivo di Julien Seul – combinazione della lingua francese vuole che “seul” significhi “solo” – dà la stura alle altre storie, sentimentali e gialle. Il commissario vuole sapere della madre, Iréne, amante di un famoso avvocato, Gabriel, la cui tomba si trova nel cimitero di Violette, dove Julien dovrà depositare le ceneri della donna.

Le storie che si innescano dall’ingresso di Julien sono il giallo della scomparsa di Philippe (il marito di Violette), che avrà poi un ulteriore innesto di un’altra storia, sempre gialla, che riguarda la drammatica morte della piccola Léonine, quindi gli “innesti” sentimentali: la storia d’amore tra Violette e Julien che vive dei rimbalzi con la storia – al passato – tra Iréne e Gabriel. Violette è una sorta di “perno narrativo” che dà il ritmo al racconto, alternando passato e presente, dipanando genere giallo e genere sentimentale. E non potrebbe essere altrimenti, dato che è la voce narrante.

Inutile aggiungere che i “traini”, i cliffhanger come li indica il cinema, le vicende che trascinano di pagina in pagina, sono efficaci: mescolano giallo e rosa e piacevole lettura, tanto da invogliare il lettore ad arrivare alla fine. Anzi, lo invoglia a conoscere al più presto come andranno a finire le diverse storie, i diversi generi.

Si aggiunga che la facilità del linguaggio aiuta anche nell’immedesimazione, nella creazione di gusto, sapore, atmosfere che ricordano molti film della nouvelle Vague. Non a caso l’Autrice, per anni fotografa di scena, è anche la moglie del regista Claude Lelouch, per sottolineare, forse, atmosfere quotidiane nella vita della Perrin e pertanto naturali anche nella sua scrittura.

Altro ingrediente: l’appeal dei personaggi. Con l’eccezione dei minori – come i genitori di Philippe – non esistono personaggi negativi. Si tratta di individualità ricche, ben descritte, capaci di mostrare la crescita, l’evoluzione della loro personalità – ecco perché scrivevo anche di un racconto di formazione, almeno per Violette e per Philippe. Si prenda, ad esempio, il marito di Violette. Che nella prima parte del romanzo campeggia per le forti tonalità negative, si riscatta alla fine e riscatta anche la stessa Violette.

E qui si arriva al messaggio profondo, alla storia in controluce che “Cambiare l’acqua ai fiori” suggerisce. Che forse è la vera ragione di un successo internazionale. “Cambiare l’acqua ai fiori”, in un linguaggio pulito e semplice e con personaggi ben riconoscibili e accattivanti, racconta la possibilità di riscattarsi, di scegliere l’azione che salva, che permette o di cambiare vita, o di rinascere, o di andarsene senza prima aver lasciato alle spalle un ultimo atto di giustizia che corregge, dà senso a ogni passo precedente, al passato.

Violette, come Philippe, ma anche come Iréne e Gabriel, Sasha e persino la piccola Léonine. La seconda chance, il voltar pagina, il rinascere, il cambiare vita. Un’azione importante, il cambiamento che riscatta, che le classifiche dei più venduti confermano.

Autore: Elena Pigozzi

Contatto: Paroledielenapigozzi@gmail.com

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